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19.2.25

Rock'n roll robots

 



Nel 1979 esce Joe's garage un album doppio di un opera in 3 atti del Maestro Frank Zappa. L'opera si riferisce a un tempo e luogo nel futuro (prossimo) in cui la musica è stata dichiarata illegale e gli artisti vengono trattati più o meno come tossicomani da riabilitare. Zappa nelle note di copertina dell'epoca disse più o meno (cito a memoria) "se pensate che tutto questo sia solo fantascienza sappiate che in Iran la musica è stata dichiarata illegale." 

Zappa aveva una capacità incredibile di anticipare certe derive culturali e politiche!  La sua satira è diventata purtroppo sempre più attuale col passare del tempo. Oggi probabilmente scriverebbe un'intera opera rock sull'epoca del politicamente corretto, dei social media e delle ipocrisie contemporanee.


Joe’s Garage è una delle sue opere più visionarie: l’idea di un mondo in cui la musica viene messa al bando da un governo autoritario sembrava assurda nel ’79, ma oggi, tra censura digitale, algoritmi che decidono cosa possiamo ascoltare e una cultura sempre più sorvegliata, non è così lontana dalla realtà.


L'intera opera è diretta e narrata dal Central Scrutinizer che ora potrebbe essere un mix tra l’intelligenza artificiale dei social e le linee guida delle piattaforme di streaming, che filtrano contenuti e artisti “scomodi”. E il controllo sociale tramite la musica si è evoluto in qualcosa di più sottile: invece di vietare, basta rendere invisibile.


 Il  Central Scrutinizer ci mette subito in chiaro la sua funzione: è il narratore onnipresente e repressivo, una sorta di "grande fratello" che controlla la società e avverte l'ascoltatore sui pericoli della musica. È un’entità quasi distopica, che si inserisce tra i brani con la sua voce robotica e sgradevole, commentando e distorcendo la storia di Joe.


L’intero Joe’s Garage è una parodia feroce, ma anche profetica, su come il sistema può schiacciare la libertà artistica e personale. Il viaggio di Joe parte con un sogno innocente di suonare in una band, ma si trasforma presto in una spirale di problemi legali, censura, repressione sessuale e controllo sociale.


Il messaggio finale è devastante: la società non tollera i veri artisti, li schiaccia, li trasforma in operai, li riduce al silenzio. Oggi vediamo come il controllo sia diventato ancora più pervasivo, non con la censura esplicita, ma con il mercato e gli algoritmi che decidono chi esiste e chi no.


Joe’s Garage è un’opera che da giovani si può amare per la sua ironia e il suo genio musicale, (come nel mio caso) ma col tempo se ne coglie la profondità e la triste verità. La storia di Joe è quella di tantissimi artisti, schiacciati da un mondo che non sa cosa farsene della vera espressione creativa.


Zappa non era solo un musicista straordinario, era un osservatore lucidissimo della società, e il fatto che le sue visioni siano così attuali oggi fa venire i brividi. Il sogno dell’arte libera si scontra con un sistema che vuole solo prodotti vendibili, contenuti inoffensivi, e chi esce dal seminato viene ignorato, deriso o messo da parte.


Eppure, nonostante tutto, la musica continua ad esistere. La libertà artistica resiste, anche nelle pieghe di un’industria sempre più controllata. Magari non è più nei grandi circuiti, ma c’è, nei musicisti indipendenti, nei live sinceri, nelle nicchie di appassionati che continuano a cercare qualcosa di vero.

16.2.25

A chi appartiene l'IA?

 











A chi appartiene l’IA?


L’arte, in tutte le sue forme, è sempre stata espressione di un’epoca, dei suoi sogni e delle sue contraddizioni. Prendiamo la psichedelia: più che un semplice fenomeno musicale o visivo, è stata un’idea di espansione della percezione, di abbattimento dei confini tra arte e realtà. Un movimento che ha lasciato tracce profonde, anche dopo la fine della sua epoca d’oro. Hendrix, ad esempio, incarnava questo spirito di rottura e trasformazione, e il fatto che ci abbia lasciati proprio mentre l’onda psichedelica si spegneva sembra quasi simbolico. Eppure, il suo genio non si è esaurito con la sua vita: possiamo solo immaginare quali direzioni avrebbe preso, come l’ipotetico album con Miles Davis suggerisce.


Ma il genio è sempre un fenomeno individuale? Brian Eno parlava di scenius, un’intelligenza collettiva più che del singolo genio isolato. Questo concetto si applica perfettamente alla nostra epoca, dove la creatività e l’innovazione emergono da un tessuto connettivo globale, accelerato dal web. Se prima i movimenti artistici o scientifici nascevano in parallelo in diverse parti del mondo (basti pensare al futurismo italiano e russo), oggi questa interconnessione è istantanea, continua, alimentata da strumenti open source e piattaforme condivise.


Ed è qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale. L’IA non è un’invenzione chiusa, ma un’entità che evolve grazie alle interazioni con milioni di persone. Proprio come la musica o la scienza non appartengono a un singolo individuo, ma si sviluppano nel tempo grazie a contributi collettivi, l’IA non può essere monopolizzata da pochi. Eppure, le tensioni commerciali, geopolitiche e militari stanno cercando di trasformarla in uno strumento di supremazia, piuttosto che in una risorsa condivisa per l’umanità.


Questa contraddizione è destinata ad attenuarsi? In un mondo sempre più interconnesso, è inevitabile che si cerchi una forma di equilibrio tra innovazione e accesso equo alla conoscenza. Così come l’arte, da sempre, è destinata a tutti—pensiamo alla Gioconda, conservata in un museo ma patrimonio dell’umanità—anche l’IA dovrebbe seguire lo stesso principio.


Le tecnologie rivoluzionarie impongono sempre un cambio di paradigma. La bomba atomica ha costretto l’umanità a riconsiderare il concetto stesso di guerra. L’intelligenza artificiale ci pone oggi di fronte a nuove sfide, non solo tecniche, ma etiche e sociali. Come evolveremo per affrontarle? La risposta non è scritta, ma il cammino è già tracciato: la conoscenza e la creatività non appartengono a pochi, ma a tutti. Sta a noi decidere se renderle strumenti di divisione o di progresso condiviso.