Napoleon: il monolite di Stanley Kubrick

 "La realtà di un uomo è la somma delle sue delusioni."

Stanley Kubrick

"Napoleon di Stanley Kubrick: il film incompiuto che avrebbe cambiato la storia del cinema"

Un viaggio tra cinema, storia e fallimento culturale, alla ricerca dell'arte perduta nell’era dell’intrattenimento di massa.

Illustrazione di Napoleone a cavallo che si confronta con il Monolito nero, omaggio al progetto incompiuto di Stanley Kubrick



C'era una volta — e badate bene che ogni fiaba tragica inizia così — un uomo chiamato Stanley Kubrick,
e c'era una volta un film che non nacque mai: Napoleon.

Un progetto talmente monumentale che fece sembrare la costruzione della Torre di Babele una scampagnata tra amici;
un film che doveva abbattere il mito dell'eroe come si abbatte un castello di carte dopo una cena abbondante.

Kubrick, quel gioviale misantropo vestito da regista, aveva promesso al mondo niente meno che il primo vero film storico onesto:
un film che avrebbe mostrato Napoleone Bonaparte
non come il titanico stratega scolpito nelle piazze,
ma come un burattino grottesco nelle mani della Storia,
un uomo "condannato, non dalla sfortuna, ma dal proprio stesso successo",
come avrebbe potuto dire, e in effetti disse, il vecchio Stanley.Vi suona contemporaneo? Vi ricorda qualcosa di questo presente Orwelliano e guerrafondaio?

Nel 1971 Stanley Kubrick, già acclamato regista di capolavori come 2001: Odissea nello Spazio e Arancia Meccanica, decise di dedicarsi a quello che sarebbe dovuto essere il suo progetto più ambizioso: un film biografico su Napoleone Bonaparte.

Kubrick, da sempre ossessionato dal controllo assoluto dei suoi film, intraprese una ricerca che sfiorava il patologico: attraverso la sua casa di produzione, la Hawk Films, tentò di ottenere l'accesso a documenti storici, musei e archivi europei. Raccattò oltre 17.000 fotografie, cartografie militari, resoconti di battaglie e persino dati meteorologici. Ogni giorno della vita di Napoleone fu schedato come una casella di un infinito gioco di scacchi.

Eppure, nonostante la determinazione titanica, il film non si fece.
Il progetto naufragò ufficialmente per motivi economici.
Dopo il clamoroso fallimento al botteghino di Waterloo di Sergej Bondarchuk, la Metro-Goldwyn-Mayer ritirò il supporto.
La Warner Bros., pur mostrando interesse, preferì lasciar decadere il progetto per paura di un altro disastro commerciale.

La verità è che Napoleon era troppo pericoloso.
Kubrick non voleva celebrare l'epopea del genio militare, bensì raccontare l'ineluttabile decadenza di un uomo travolto dalla sua stessa ambizione.
Un film senza eroi, senza gloria, senza redenzione.
Come Tolstoj aveva già intuito in Guerra e Pace, Kubrick voleva negare il primato dei "grandi uomini" sulla Storia, mostrando piuttosto come la Storia inghiottisse gli uomini grandi e piccoli allo stesso modo.

Viviamo in una società che ha sostituito l’arte con l’intrattenimento, la ricerca del vero con la produzione seriale di contenuti consumabili.

Come scriveva Theodor Adorno:

"L'industria culturale non è altro che l'amministrazione della coscienza."

L'arte autentica, quella che disturba, che fa pensare, che non si piega, non ha più posto.
Essa è stata sostituita dalla gratificazione immediata, dalla spettacolarizzazione, dal mito confezionato.

"L'arte dovrebbe confortare i disturbati e disturbare i comodi", ci ricorda César A. Cruz.
Ma in quale mondo, vi domando, può sopravvivere un'opera che vuole turbare gli addormentati, mentre questi sono troppo occupati a sbadigliare davanti all'ennesima miniserie "storica" su piattaforme con più loghi che idee?

Oggi, signori miei, non abbiamo un'industria culturale.
Abbiamo l'industria dell'intrattenimento.

Dove un tempo artisti come Kubrick sfidavano la natura stessa della percezione umana,
oggi algoritmi grattugiano emozioni precotte,
e il cinema ha fatto posto ai "contenuti" come la cattedrale ha fatto posto al fast-food.

Come scrisse Friedrich Nietzsche (quando non era troppo occupato a scuotere l’universo a pugni):

"L'arte è la suprema funzione della vita, la vera attività metafisica di questo mondo."

Oggi, al massimo, ci rimane il merchandising delle metafisiche.

Perché nessuno ha ancora girato il Napoleon di Kubrick?
Perché quel film sarebbe stato un'eresia.

Un film che, come La Fiera delle Vanità di Thackeray,
non avrebbe salvato nessuno, non avrebbe reso gloria a nulla,
avrebbe anzi mostrato — con lentezza, freddezza e disincanto —
che il sogno di grandezza è solo la premessa necessaria alla rovina.

Come diceva Pasolini,

"L’arte autentica è la coscienza infelice della società borghese."

E Dio solo sa quanto oggi la borghesia digitale, sorridente tra un brunch e un reel su Instagram,
abbia bisogno di tenere lontana ogni coscienza che non sia quella della batteria scarica.

Oggi, cinquant'anni dopo, il progetto Napoleon giace ancora sepolto, come una rovina archeologica sotto la sabbia dell'industria culturale moderna.
Di tanto in tanto, come nel 2016, si annuncia il tentativo di farne una serie televisiva,
affidata a Steven Spielberg in collaborazione con la HBO.
Eppure, a ogni annuncio, segue una paralisi silenziosa.
Una sorta di rispetto misto a terrore reverenziale.
Come se si sapesse che Napoleon, nella sua forma originale, non può essere tradotto nei codici dell'intrattenimento contemporaneo senza snaturarlo completamente.


Ma che mondo è quello in cui il capolavoro di un maestro come Kubrick non trova spazio, mentre ogni giorno si producono dozzine di serie e film inutili?

Viviamo in un'epoca che, sotto la superficie scintillante dell'iperproduzione audiovisiva,
nasconde un deserto creativo.


E così Napoleon è diventato il nostro monolite.
Un monolite come quello di 2001: Odissea nello Spazio: muto, impenetrabile, giudicante.
Un testimone silenzioso del nostro declino culturale.

Kubrick aveva capito che l'arte non deve celebrare illusioni, ma distruggerle.
Aveva capito, prima di molti altri, che la vera grandezza sta nel confrontarsi con la propria insignificanza, non nel negarla.

Come ricordava George Orwell:

"Più una società si allontana dalla verità, più odierà coloro che la dicono."

 E allora, forse, il vero capolavoro di Kubrick non è un film mai girato, ma il suo stesso rifiuto di scendere a compromessi.

Napoleon è la sua ultima grande mossa sulla scacchiera della cultura,
un scacco matto dato a una società incapace di riconoscere il proprio fallimento estetico e morale.

Napoleon osserva la nostra civiltà decadente senza intervenire.
È il testimone silenzioso del fallimento culturale di un mondo che ha scelto la menzogna confortevole invece della verità dolorosa.


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