Duke Ellington – Such Sweet Thunder: un capolavoro tra jazz e Shakespeare
Nel panorama del jazz del XX secolo, pochi album possono vantare la profondità, l’eleganza e l’originalità di Such Sweet Thunder, capolavoro composto da Duke Ellington e Billy Strayhorn nel 1957. Non si tratta semplicemente di una raccolta di brani jazz: è un’opera sofisticata, un tributo musicale al mondo di William Shakespeare, pensato e realizzato con una cura compositiva rara anche per gli standard di Ellington.
L’album si distingue per la sua fusione tra musica colta e improvvisazione jazzistica, tra struttura formale e libertà creativa, tra letteratura e sonorità. È una suite in dodici movimenti, ognuno ispirato a un personaggio o a un tema dell’opera shakespeariana. Pubblicato in un’epoca in cui il jazz cominciava ad affermarsi come forma d’arte autonoma, Such Sweet Thunder rappresenta una pietra miliare per la big band, dimostrando che il jazz può essere veicolo di contenuti narrativi e letterari, senza perdere la sua anima musicale.
Questo album non è solo una testimonianza della genialità di Ellington, ma anche una lezione di stile, innovazione e rispetto per la tradizione. È oggi considerato un capolavoro non solo per le sue qualità sonore, ma anche per la sua capacità di raccontare storie, di evocare emozioni e di fondere mondi apparentemente lontani come il jazz afroamericano e la letteratura inglese elisabettiana.
Fondamentale per comprendere Such Sweet Thunder è la collaborazione con Billy Strayhorn, compositore raffinato e figura chiave nell’universo ellingtoniano. Strayhorn non era solo un arrangiatore, ma un vero co-autore, capace di tradurre le intuizioni di Ellington in strutture armoniche e melodiche complesse.
In questo contesto, Such Sweet Thunder nasce come una naturale evoluzione dell’opera di Ellington, una dimostrazione della sua maturità artistica e della sua capacità di confrontarsi con l’alta cultura europea senza rinunciare alle radici afroamericane del jazz.
La genesi di Such Sweet Thunder
L’idea di Such Sweet Thunder nacque nel 1956, durante il Festival Shakespeare di Stratford, in Ontario, Canada. Ellington e la sua orchestra furono invitati a esibirsi e rimasero profondamente colpiti dall’atmosfera del festival e dalla figura di Shakespeare. Tornati a New York, Ellington e Strayhorn iniziarono a lavorare a una suite ispirata ai personaggi e alle opere del Bardo di Avon.
Il processo compositivo fu rapido ma intensissimo. In meno di tre settimane, i due compositori scrissero e arrangiarono i dodici movimenti dell’opera. Ogni pezzo era dedicato a un personaggio shakespeariano, cercando di catturarne non solo le caratteristiche esteriori, ma anche la psicologia, i tormenti, l’ironia.
Non si trattava di un mero esercizio intellettuale: Ellington vedeva in Shakespeare un autore “universale”, capace di parlare a tutte le culture, in tutte le epoche. E nel jazz, Ellington trovava il linguaggio ideale per tradurre questa universalità in musica.
Il progetto fu registrato nei Columbia 30th Street Studios di New York e pubblicato nel 1957 dalla Columbia Records. Fin da subito, Such Sweet Thunder fu riconosciuto come un’opera ambiziosa e innovativa, capace di unire l’eleganza formale alla potenza espressiva.
La struttura dell’album
Such Sweet Thunder si compone di dodici brani, ognuno ispirato a un personaggio o a un tema dell’universo shakespeariano. L’album ha una struttura da suite sinfonica, ma con l’impronta inconfondibile della big band jazz di Ellington.
I pezzi non seguono un ordine cronologico né tematico rigido. Alcuni sono ritratti musicali (come Sonnet for Sister Kate o Lady Mac), altri sono meditazioni astratte (come Sonnet in Search of a Moor, dedicato a Otello), altri ancora sono brani narrativi, che suggeriscono movimenti drammatici e dialoghi interiori.
Ogni composizione ha una forma propria, con arrangiamenti calibrati per mettere in risalto i solisti dell’orchestra. L’equilibrio tra sezione ritmica, fiati e solisti è magistrale: non c’è mai ridondanza, ogni nota è funzionale all’atmosfera che si vuole creare.
Questa struttura modulare rende l’album accessibile anche a un ascoltatore non esperto, ma al tempo stesso ricchissimo per chi vuole approfondirne i significati nascosti. È un’opera che si può ascoltare più volte, ogni volta scoprendo nuove sfumature, come accade con le opere teatrali a cui si ispira.
Ricezione dell’album nel 1957
Alla sua uscita nel 1957, Such Sweet Thunder fu accolto con interesse e rispetto, ma non ebbe subito il riconoscimento che merita oggi. In un’epoca in cui il jazz stava virando verso il cool e il free, l’idea di una suite orchestrale dedicata a Shakespeare sembrava quasi un’anomalia.
La critica jazz più tradizionalista apprezzò la qualità della scrittura e l’ambizione del progetto, mentre alcuni puristi lamentarono l’eccessiva cerebralità dell’album. Tuttavia, tra i musicisti e gli intellettuali, Such Sweet Thunder divenne rapidamente un punto di riferimento, un esempio di come il jazz potesse confrontarsi con l’arte “alta” senza complessi di inferiorità.
Col tempo, l’album è stato riscoperto e rivalutato. Oggi è considerato uno dei vertici dell’opera di Ellington, studiato nei conservatori, ammirato dai compositori, amato dai melomani. È un disco che ha saputo invecchiare benissimo, proprio perché non era legato alle mode del momento, ma a un’idea di arte senza tempo.
Conclusione
Such Sweet Thunder non è solo uno dei migliori album di Duke Ellington. È una pietra miliare nella storia della musica del Novecento, un’opera che ha saputo unire due universi lontani – il jazz afroamericano e la letteratura shakespeariana – in un dialogo armonioso, poetico, potente.
La sua bellezza sta nella complessità nascosta sotto una superficie elegante. È un disco che si può ascoltare per il piacere del suono, ma anche per riflettere, immaginare, imparare. Ogni nota è pensata, ogni passaggio racconta qualcosa. È musica che vibra di umanità.
Per chi ama il jazz, è un ascolto imprescindibile. Per chi ama Shakespeare, è una nuova chiave di lettura. Per chi ama l’arte in tutte le sue forme, è un esempio di come i confini possano diventare ponti. Se ancora non l’hai ascoltato, fallo: lasciati trasportare da quel “dolce frastuono” che attraversa i secoli e le emozioni.
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