Dalla bara di Mike al bunga bunga: breve storia dell’Italia che ride mentre affonda
La scienza ti spiega fino a un secondo prima del Big Bang, ma sui misteri italiani non può nulla.
Introduzione: Benvenuti al Grande Fratello della Democrazia
Benvenuti in Italia, l'unico Paese al mondo che negli ultimi trent'anni ha scientificamente sostituito la propria cultura con i palinsesti televisivi, trasformando la vita pubblica nel più longevo, stancante e grottesco reality show della storia: Il Grande Fratello della Democrazia. Sia chiaro, non è stato un incidente di percorso, un inciampo nella Storia. È stato un format studiato a tavolino, con tanto di sigla, stacchetto e televoto truccato.
Siamo diventati un "paese senza memoria", un luogo surreale dove la tragedia si trasforma in varietà, la commedia diventa cronaca e la realtà viene scritta da uno sceneggiatore palesemente ubriaco. La scienza può spiegare l'universo fino a un secondo prima del Big Bang, ma sui misteri italiani si ferma per mancanza di prove, di volontà, di decenza.
Per capire come siamo finiti in questo circo mediatico perenne, è necessario analizzare i "santi patroni" di questa nuova era, le icone involontarie di un declino culturale elevato a intrattenimento. E si deve partire da lui, il regista indiscusso, l'uomo che ha costruito il set e scelto il cast.
Il Regista Supremo: il Vangelo Secondo Silvio
Silvio Berlusconi, l'unico uomo capace di trasformare un intero Paese in una sitcom di sua proprietà. Per comprendere l'Italia di oggi, bisogna smettere di pensare a lui come a un politico. Berlusconi non è mai stato un politico. È stato il più grande regista trash al mondo, un impresario la cui parabola non è stata politica, ma un format televisivo perfettamente riconoscibile: "sigla, jingle, gnocca, e finale con assoluzione".
A pensarci bene, Donald Trump non è altro che un Berlusconi 2.0, con meno dopobarba e più fast food. Silvio è stato il prototipo italiano del populismo glamour, l'uomo che ha sostituito la cultura con i palinsesti e la competenza con il carisma. E qualcuno, con un'intelligenza feroce, lo aveva capito prima di chiunque altro. Quel qualcuno era Indro Montanelli. Dopo un'infatuazione iniziale, il grande giornalista aprì gli occhi e scolpì parole che oggi suonano come una profezia:
“Berlusconi non è un uomo politico. È un uomo che confonde il Paese con la sua azienda.”
Montanelli lo definì un "impresario del consenso", uno che "trasforma l’elettore in spettatore". E non si fermò lì, consegnandoci la chiave di lettura definitiva per il ventennio a venire:
“Quando entrerà in politica, farà di tutto per comprarsi anche la Storia.”
E così è stato. Berlusconi ha creato il set perfetto. E una volta che l'elettorato è stato trasformato in un pubblico, quel pubblico aveva bisogno di un'icona che ne convalidasse la passività e la mancanza di competenza. Esigeva un eroe che non lo facesse sentire inadeguato. Esigeva il sommo sacerdote della sua nuova religione televisiva.
L'Eroe della Mediocrità: Fenomenologia e Miracoli di San Mike
Se Berlusconi è stato il regista, Mike Bongiorno è stato il protagonista assoluto, il prodotto necessario del panorama culturale che il suo impresario aveva scientificamente progettato. Un uomo qualunque, l'eroe della normalità, elevato a monumento nazionale. Analizzare la sua figura significa capire come la mediocrità sia diventata, in Italia, non solo un valore accettato, ma un ideale da celebrare con tutti gli onori.
L'Analisi di Eco e il Funerale di Stato
Fu Umberto Eco, già nel 1963, a compiere un'autopsia intellettuale perfetta nel suo saggio "Fenomenologia di Mike Bongiorno". Con la precisione di un chirurgo, Eco spiegò che Mike non era un genio né un buffone, ma il simbolo dell'italiano medio televisivo, "mediamente ignorante" e orgoglioso di esserlo. Incarnava la "fiducia nella propria incompetenza", rassicurando milioni di spettatori sul fatto che non sapere fosse non solo normale, ma persino simpatico. Fu, in sintesi, il "profeta dell’ignoranza televisiva di massa".
La prova definitiva della sua santificazione laica è arrivata alla sua morte, con un funerale di Stato che ha ufficializzato la trasformazione del Paese in una gigantesca puntata di Rischiatutto. In qualsiasi nazione con un briciolo di autostima, una cerimonia simile sarebbe riservata a giganti della cultura. Da noi, invece, è andata a un presentatore di quiz. Se a Mike abbiamo concesso tanto, a un'icona del calibro di David Letterman "dovrebbero costruirgli minimo una piramide tipo quella di Cheope". Ma questa è l'Italia: l'applausometro vale più del pensiero.
Allegria! Cronaca di un Paese che ride mentre sparisce la verità.
Come se non bastasse, la parabola di San Mike si è conclusa con una post-credit scene che nemmeno il più audace sceneggiatore di fiction Mediaset avrebbe osato scrivere: il furto della sua salma. Un capolavoro di "italian trash profondo", una tragedia comica dove la serietà è morta, e il corpo l’hanno pure rubato. La bara sparisce come in un film di Totò e Peppino riscritto da David Lynch.
Indagini? Nulle. Colpevoli? Mai. Riscatto? Boh. I fatti, nella loro assurda essenzialità, sono un noir all'italiana:
- Furto: 2011, dal cimitero di Dagnente.
- Ritrovamento: 2012, in un campo vicino Milano.
- Riscatto: Ufficialmente nessun riscatto pagato. Perché in Italia si parla di tutto, tranne dei fatti veri.
- Colpevoli: Mai identificati con certezza.
Un cold case all’amatriciana, risolto con il classico sigillo nazionale: "Non parliamone più". L'episodio è una metafora perfetta: un mistero che unisce spettacolo e rimozione collettiva. Leonardo Sciascia ci avrebbe scritto un capolavoro, Il giorno della bara scomparsa. Noi, invece, ci siamo limitati a qualche trafiletto prima di tornare a guardare Affari Tuoi. La vicenda di Mike Bongiorno, dal successo in TV alla bara errante, è lo specchio di un'Italia dove anche la decomposizione diventa intrattenimento, preparando il terreno per altri "miracolati" dal sistema.
Il Miracolo del Bestseller: Quando il Saltimbanco si fa Scrittore
Se Mike Bongiorno è stato santificato per la sua mediocrità rassicurante, Giorgio Faletti rappresenta un altro miracolo italiano: la trasformazione di una celebrità televisiva in "genio" intellettuale. Un comico da sabato sera, nemmeno dei migliori, diventa un caso editoriale da milioni di copie. Il suo successo dimostra la regola aurea del nostro circo nazionale: "se sembri profondo mentre vendi aria, ti comprano pure l’ossigeno".
Quando uscì Io uccido, l'Italia sembrò aver trovato il suo Stephen King. Poi uno leggeva, e capiva che si trattava più di uno Stephen Lidl: stessa confezione thriller, ma gusto discount. La sua scrittura era un ibrido tra un "episodio di Colombo dopato di melodramma e una fiction Mediaset in overdose di aggettivi". Era un prestigiatore che ti faceva credere d’aver visto qualcosa di geniale mentre ti stava solo vendendo fumo e specchietti per le allodole. Certo, bisogna riconoscergli un "innegabile fiuto commerciale" e una notevole "faccia tosta". In un Paese normale, un fenomeno simile sarebbe considerato un'anomalia. Da noi, invece, basta un po' di visibilità televisiva e ti propongono per il Nobel, mentre i veri autori restano a consumarsi nell'ombra.
Faletti è solo l'esempio più lampante di una tendenza nazionale. L'Italia è "il paese dove i nani e i saltimbanchi diventano re della ribalta", dove i comici si improvvisano intellettuali, i calciatori opinionisti e i presentatori ministri. È il trionfo dell'apparenza sulla sostanza, un grande spettacolo in cui tutti recitano una parte che non gli compete.
Conclusione: Sipario sul Circo Nazionale
I casi di Berlusconi, Bongiorno e Faletti non sono eccezioni, ma i sintomi evidenti di una patologia nazionale. Sono le prove di un Paese che ha scelto il "trash elevato a sacramento" come religione di Stato. Un luogo dove l'unica cosa che conta non è essere, ma apparire in televisione.
Siamo diventati il Paese dove "la tragedia è varietà, la commedia è cronaca e la realtà supera la fiction". Un popolo che si indigna per la durata di un hashtag su Twitter, per poi tornare placidamente a guardare il pacco giusto ad Affari Tuoi, dimenticando tutto. Non c'è memoria, non c'è analisi, solo un flusso continuo di intrattenimento che anestetizza le coscienze. Non c'è più da stupirsi, solo da prenderne atto con un amaro sorriso e un sospiro di rassegnazione.
D'altronde, siamo nel posto giusto.
Qui, dove la logica si ferma e inizia l’Italia.
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