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Visualizzazione dei post da settembre, 2025

Duke Ellington – Such Sweet Thunder: un capolavoro tra jazz e Shakespeare

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Nel panorama del jazz del XX secolo, pochi album possono vantare la profondità, l’eleganza e l’originalità di Such Sweet Thunder , capolavoro composto da Duke Ellington e Billy Strayhorn nel 1957. Non si tratta semplicemente di una raccolta di brani jazz: è un’opera sofisticata, un tributo musicale al mondo di William Shakespeare, pensato e realizzato con una cura compositiva rara anche per gli standard di Ellington. L’album si distingue per la sua fusione tra musica colta e improvvisazione jazzistica, tra struttura formale e libertà creativa, tra letteratura e sonorità. È una suite in dodici movimenti, ognuno ispirato a un personaggio o a un tema dell’opera shakespeariana. Pubblicato in un’epoca in cui il jazz cominciava ad affermarsi come forma d’arte autonoma, Such Sweet Thunder rappresenta una pietra miliare per la big band, dimostrando che il jazz può essere veicolo di contenuti narrativi e letterari, senza perdere la sua anima musicale. Questo album non è solo una testimonianz...

Turismo, il nostro “petrolio” sprecato: fra retorica e chiacchere

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Trump usa i dazi. Putin il gas. I cinesi proteggono i microchip come fosse oro. E l’Italia? L’Italia ha il più grande giacimento di cultura, arte, paesaggio e lifestyle del pianeta . Non è retorica: lo dicono l’UNESCO, gli economisti del turismo, le code davanti ai nostri monumenti. È un “petrolio” infinito, che ogni anno attrae decine di milioni di visitatori da tutto il mondo. Ma c’è un paradosso: mentre altri Paesi monetizzano il turismo come risorsa strategica nazionale , l’Italia continua a trattarlo come fosse un’ospite da coccolare… gratis. Le città collassano, i residenti fuggono, i costi esplodono. Eppure anche solo proporre una tassa nazionale d’ingresso per i turisti — diciamo fra i 60 o 100 euro — fa scattare il riflesso pavloviano del “eh ma poi non viene più nessuno”. Il problema? Siamo seduti su un bancomat e fingiamo di non vederlo. La Nuova Zelanda lo fa già (e non ha Roma, Firenze o Venezia) Partiamo da un esempio concreto. Dal 2019, chiunque voglia visitare la Nuov...

Around the Next Dream: Quando il Rock si Ricordò di Essere Dio

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Nel 1994, mentre il mondo si stava ancora leccando le ferite post-grunge e il Britpop stava per sfornare la sua overdose di giacche mod e ego smisurati, tre leggende si ritrovano in studio per fare una cosa rivoluzionaria: SUONARE. E basta. Niente pose, niente hair spray, niente sample, solo pura dinamite blues-rock. Stiamo parlando di BBM, acronimo spietatamente modesto per Baker, Bruce e Moore : Ginger Baker (batteria), Jack Bruce (voce, basso) e Gary Moore (chitarra). Sì, due terzi dei Cream con l'unico chitarrista bianco che poteva davvero sfidare Hendrix (e Clapton) sul loro stesso terreno.  Il retroscena: una reunion senza reunion L’idea di BBM parte da Gary Moore , chitarrista nordirlandese col blues nel DNA e l’aggressività sonora di un carro armato sovietico. Moore aveva già collaborato con Jack Bruce negli anni ’80, ma il pensiero fisso era uno: “E se rimettessimo insieme qualcosa che suoni come i Cream, ma senza le paranoie e le botte?” Il riferimento non è casuale: l...

Jon Hassell – Il cartografo del suono alieno

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Nel luglio 2009 usciva Last Night the Moon Came Dropping Its Clothes in the Street , un album che non sembrava composto da musicisti, ma da esseri traslucidi discesi da una dimensione parallela. Non un disco, ma un’esperienza sonora totale: fluida, mistica, spettrale, inafferrabile. Era il compimento di un percorso che Jon Hassell inseguiva da tutta la vita — quello che lui stesso aveva chiamato Fourth World Music , una musica “tra il futuro e l’antichità, tra l’Occidente ipertecnologico e l’invisibile Sud globale”. Il cartografo dell’inudibile Jon Hassell è stato il contrario del musicista pop. Non gli interessava arrivare al pubblico, aspettava che il pubblico fosse pronto ad arrivare da lui. Trombettista, compositore, filosofo sonoro, sciamano laico: impossibile incasellarlo. Ha studiato con Stockhausen, ha collaborato con Eno, ma ha sempre camminato da solo, tracciando mappe acustiche in territori dove nessuno sapeva che si poteva andare. Dove finisce l'etnomusicologia e...

La realtà non è per tutti

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C’è un’osservazione che ritorna, ostinata e scomoda, ogni volta che si prova a guardare la condizione umana senza schermi, senza orpelli. La formula fu incisa da Blaise Pascal nel Seicento, con una semplicità che non ha bisogno di commento: “Tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola cosa: dal non saper restare tranquilli in una stanza.” Non parlava di guerre. Non parlava di fame, né di miseria sociale o catastrofi naturali. Pascal mirava più in basso. O forse più in alto. In ogni caso, più dentro. Aveva colto un paradosso: siamo creature pensanti, ma non sopportiamo il pensiero senza distrazioni. Siamo dotati di coscienza, ma è proprio quella coscienza — del tempo, della morte, del vuoto — a tormentarci. Siamo liberi, ma paghiamo la libertà con l’angoscia. Ecco allora il divertissement : un meccanismo di difesa psicologica, sociale, antropologica. Un’armatura fatta di piccole urgenze quotidiane, scadenze, giochi, chiacchiere, feste, polemiche, riti, affanni. Oggi li chiamiam...

AI tra arte e apocalisse: la vera minaccia è politica

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Da Hinton al Papa, da Kant ad Asimov: il dibattito sull’intelligenza artificiale non riguarda le macchine, ma chi le governa. “Ogni bambino è un artista. Il problema è esserlo da adulti.” La frase di Picasso non è mai stata tanto attuale. Le intelligenze artificiali generative promettono di democratizzare l’arte: chiunque può scrivere una poesia, comporre un brano, produrre un’immagine in pochi secondi. Ma democratizzare non significa nobilitare. La storia ci insegna che ogni rivoluzione tecnologica che abbassa le barriere d’ingresso porta con sé un’onda di mediocrità. La macchina fotografica ha reso tutti fotografi, ma non ha generato automaticamente Cartier-Bresson . Il sintetizzatore ha reso accessibile il suono elettronico, ma non ha creato un nuovo Brian Eno in ogni garage. Il punto, allora, non è la democratizzazione in sé. È il rischio della banalizzazione di massa . E qui la domanda resta sempre la stessa: quante delle opere generate dall’ AI avranno davvero la capacità di...