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domenica 26 febbraio 2017

Rock around the clock

Il primo prototipo del primo orologio long now per il computo del tempo nei prossimi 10.000 anni ha iniziato a funzionare il 31 dicembre 1999. Nelle parole di D.Hills che riassumono l'idea egli dice: « Voglio costruire un orologio che fa tic una volta l'anno. Il braccio dei secoli avanza una volta ogni cento anni, il cucù viene fuori ogni mille anni. Voglio che il cucù venga fuori ogni millennio per 10.000 anni. Se mi sbrigo dovrei farcela a finire l'orologio in tempo per far uscire il cucù la prima volta. »

Ma perché l'idea di un così lungo computo del tempo, di un orologio di queste dimensioni e di questa scala? Gli intenti sono ben spiegati dalla fondazione che fa capo al progetto The long now ma sostanzialmente si possono riassumere nella crescente necessità di ristabilire un sano e corretto rapporto con lo scorrere del tempo in dimensioni che tornino a superare la banale barriera dell'immediatezza che il mondo sembra ormai irrimediabilmente aver imboccato nella contemporanea epoca digitale. 
L'umanità si "misura" da sempre col tema della misura del tempo, le piramidi erano sostanzialmente concepite come "capsule del tempo" per il faraone e il sito di Stonehenge non è che un gigantesco orologio solare la cui costruzione è iniziata addirittura nel 3000 AC





Misurare il tempo serviva all'uomo per comprendere i tempi della semina e del raccolto e determinare le stagioni a cui poi venivano fatti seguire all'epoca dei solstizi, grandi celebrazioni e culti più o meno pagani. 


Uno dei calendari più elaborati, di cui si è discusso a lungo in epoca recente, a proposito della prevista (e ovviamente come al solito smentita) fine del mondo, è stato il calendario Maya con il suo lungo computo addirittura arrivato indenne alla nostra epoca attuale; quando quella civiltà aveva ormai cessato di essere da molti secoli. Felicemente aiutata in questo è bene forse ricordarlo dai solerti Cortez e Pizarro che dio li abbia in gloria. 

Quindi il tema del calendario per eccellenza il nostro gregoriano cosiddetto, introdotto da Papa Gregorio XIII nel 1582 e che andava a sostituire il calendario Giuliano che ormai aveva dimostrato di non reggere per l'appunto il "corso del tempo". Furono convocati astronomi e matematici fra i migliori in Europa all'epoca per risolvere il problema, nella sua forma attuale il calendario che ancora adottiamo in praticamente tutto il mondo occidentale si basa sull'anno solare. La terra ruota intorno al sole nella sua danza di milioni e miliardi di anni e gli uomini ultimi arrivati sul pianeta si affannano a prendere le misure in tutti i modi possibili. Ma per correttamente osservare la "danza" della terra intorno al sole occorrevano strumenti di grande precisione, un operazione che riguardava e riguarda la tecnologia, la matematica, la fisica, l'astronomia.

Ma il problema del computo del tempo non si limita certo al calendario o alle stagioni, che cosa ne sarebbe per esempio della musica senza il tempo? Il tempo è musica e la musica in questo senso offre uno dei suoi aspetti più squisitamente matematici allo studio dei teorici della forma. Hector Berliotz il grande pianista e compositore francese una volta disse: "Il tempo è un grande maestro peccato che finisca con l'uccidere tutti i suoi allievi". Ma da un punto di vista più strettamente tecnico la problematica della notazione musicale che ha richiesto diversi secoli e l'apporto di molti musicisti prima di essere redatta nella forma attuale, rappresenta certamente la più diretta testimonianza di quanto arduo sia stato il lavoro di "rappresentazione" e scrittura di qualcosa al limite dell'astrazione come il concetto del tempo. 





Certo la matematica (anch'essa scienza molto astratta ma che riesce ad essere dannatamente concreta alla bisogna) ha dato forma e ordine ma è bene ricordare da un punto di vista tecnico quanto la musica sia stata importante col suo computo del tempo per esempio nella realizzazione degli orologi meccanici. Ancora oggi la misura del minuto e i suoi 60 secondi (parte del sistema sessagesimale appunto) corrispondono ai 60 bpm (battiti per minuto) del metronomo musicale da cui appunto prendono forma. L'immenso Leonardo da Vinci ancora una volta (ebbene si era anche un musicista, ma c'era qualcosa che non sapesse fare quell'uomo di ingegno?) fu tra i precursori in questa scienza della misurazione che fu poi completata abilmente da Galileo ed applicata alla fisica classica. Ma il concetto della misurazione e divisione del tempo in parti uguali vengono dalla musica che è stato il primo sistema di misura anche con il semplice battito delle mani nella storia dell'uomo. Scienza e arte (e misura) ancora una volta e come spesso accade si compenetrano ed è difficile dire dove inizi l'una e finisca l'altra. 

Dal punto di vista della fisica di Newton il tempo è una quantità indipendente e immutabile rispetto allo spazio concetto che sarà scardinato completamente da Einstein nel XX secolo e dalla sua fisica della relatività che legano spazio e tempo nel continuum dello spaziotempo. Il che significa che non possono esistere in maniera indipendente e assoluta. Il tempo è legato allo spazio e viceversa. Contiamo il tempo dalla nascita dello spazio nell'evento che i cosmologi e i fisici chiamano comunemente Big Bang, prima non esiste lo spazio quindi per la fisica nemmeno il tempo. Il gigantesco orologio del tempo prende il via insieme alla creazione dello spazio e non può esistere senza di esso. 

L'esistenza umana si svolge nello spazio e nel tempo fra i due eventi ciclici di nascita e morte, "tutto scorre" diceva Eraclito e nessuno si bagna due volte nello stesso fiume. I greci avevano grande rispetto per Kronos che non a caso mangiava i suoi figli, ma certo lo scorrere del tempo in epoca antica e moderna non sembrano corrispondere. Oggi viviamo in una società che corre alla velocità della luce ed è in perenne accelerazione, anche la fisica ci dice che l'espansione dell'universo sta accelerando come se il tempo tutto insieme scorresse davvero più velocemente per tutti, è il cosiddetto fenomeno dell'energia oscura del quale i fisici stessi sembrano sapere ancora molto poco al momento.

Marcel Proust nella monumentale Recherche cerca di dare un senso allo scorrere del tempo e lo trova nella memoria e nella forma della parola scritta come manifestazione artistica. Nelle sensazioni,nei ricordi, nel vissuto di ciascuno di noi che siamo capsule del tempo rinchiuse in corpi umani (o anime più o meno tormentate se più vi piace come definizione) si nasconde l'anima in divenire di cui perdiamo conoscenza e memoria. In questo senso Proust è quasi certamente anche un precursore della psicoanalisi, con il suo continuo scavare e cercare alla ricerca di collegamenti di senso nella sua esperienza di vita. Ma è l'esperienza del ricordo in se che assume valore assoluto in Proust. Noi siamo i nostri ricordi che cosa altro potremmo essere d'altronde? Ed è nel ricordo e nella misura del tempo, per quanto relativa ci possa apparire, che troviamo lo strumento della conoscenza ultima, di noi stessi e della nostra appartenenza al mondo.



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